UN AMORE
A vent’anni Alessandro incontra la 19enne Anna su un Interrail diretto verso Barcellona, ed è l’inizio di una storia d’amore che durerà per decenni, nutrita periodicamente dalle lettere che i due si scambiano, lui da punti diversi del mondo, lei da Bologna. Ma quando per un impegno di lavoro Alessandro, che è diventato un famoso architetto, torna nel capoluogo emiliano non resiste alla tentazione di rivedere quella ragazza che gli è rimasta conficcata nel cuore. E Anna, che ha studiato agronomia e si è sposata con Guido, crescendo con lui il figlio Tommaso, cede a sua volta al desiderio di incontrare di nuovo il ragazzo che le è restato in testa per tutti quegli anni. È l’inizio di un incendio che non potrà che divampare, e che metterà in discussione tutte le scelte – o le non scelte – compiute da Anna ed Alessandro fino a quel momento, chiamando in causa libertà personale, impegni presi e l’incontrollabilità della passione d’amore.
Un amore racconta, in modo diretto e allo stesso tempo labirintico, la storia di Anna e Alessandro attraverso le due linee temporali del loro incontro nel ’97 e del presente, con un montaggio alternato che comincia dalla prima scena, quella in cui i due percorrono le loro esistenze contemporanee ma stanno per incontrarsi.
Passato e presente si fondono continuamente a formare la linea ininterrotta del rapporto fra i due, in presenza, epistolare, di nuovo in presenza… Non c’è nulla di scontato e allo stesso tempo è tutto molto riconoscibile, per chi abbia amato e perduto e forse ritrovato: merito di una sceneggiatura eccellente firmata a quattro mani da Enrico Audenino, head writer di cui si riconosce la mano gentile e profonda, Teresa Gelli, Giordana Mari e Francesco Lagi, che è anche regista della serie in sei puntate creata da lui e da Stefano Accorsi, coautori del soggetto insieme a Gelli e Mari.
Accorsi nei panni di Alessandro fa un lavoro tutto in levare, con la generosità di lasciare spazio (lui che è anche produttore della serie) a tutti i comprimari a cominciare da un’ottima Micaela Ramazzotti, un caleidoscopio di emozioni nei panni di Anna; e lo stesso fanno Beatrice Fiorentini e Luca Santoro che interpretano molto credibilmente Anna e Alessandro da ragazzi, avendo anche cura di colorare leggermente (senza mai imitarli) alcuni aspetti della presenza scenica di Ramazzotti e Accorsi: ad esempio Santoro sembra avere ben presente la fase Maxibon di Accorsi ma non ne fa mai una facile caricatura, restituendone invece la freschezza da “patacca adolescente”.
Il lavoro corale, complice tanto la bravura degli interpreti quanto quella di Lagi che è abituato a dirigere ensemble teatrali, coinvolge tutto il cast di contorno: Alessandro Tedeschi nei panni di Guido, il marito di Anna che ha nel nome la vocazione a prendere decisioni per tutti; la meravigliosa Ottavia Piccolo in quelli di Teresa, la madre di Alessandro; e soprattutto Ivan Zerbinati nel ruolo di Riccardo, l’amico scombinato di Alessandro, e lo struggente Andrea Roncato in quelli di Simone, il “partner di ballo” di Teresa (cui appartiene la battuta che contiene l’essenza della serie stessa: “Che ti ha detto, posso recuperare?”).
Un amore racconta la giovinezza dei ragazzi degli anni Novanta e quella di tutti noi, nonché il nostro passato recente di italiani, complice una Bologna “a misura d’uomo, dove non ti puoi perdere o nascondere” raccontata benissimo sia nel suo presente che nel suo passato recuperato dai filmati d’archivio. Allo stesso tempo la serie è sorella di molto cinema francese (in particolare Un uomo, una donna di Claude Lelouch e il suo seguito, così come Hors-Saison di Stéphane Brizé, che in Italia non è ancora uscito), ma anche di Past Lives della regista coreano-canadese Celine Song e soprattutto della saga di Prima dell’alba di Richard Linklater: come dire che tutto il mondo è connesso da un interrail dei sentimenti che non smetterà mai di attraversare il pianeta, trasportando il desiderio e l’afflato romantico dell’intera umanità.
Il montaggio sapiente di Alberto Masi, la fotografia evocativa di Guido Michelotti, le emozionanti musiche di Riccardo Amorese sono al servizio della visione di Lagi, che sa prendersi il tempo e lo spazio per narrare come davanti ad un fuoco in riva al mare, di quelli che ti scaldano ma rischiano sempre di bruciarti. E tocca un tema caro a tutti: siamo quello che volevamo essere? Abbiamo saputo essere all’altezza dei nostri sogni e i nostri affetti? Lagi narra senza retorica, con un umorismo lieve che stempera il melodramma e un’attenzione certosina al realismo di ogni battuta, ogni reazione. Il suo cast è lasciato libero di esprimersi al meglio, senza mai eccedere o sbavare, ma senza mai apparire costretto in uno schema rigido.
In Un amore si respira una grande fiducia fra attori e regista e fra un team di sceneggiatori che per una volta sembra portare allo stesso mulino i punti di vista, e non gli ego, di tutti. Soprattutto non si perde mai di vista il valore dell’intimità che attraversa anche le scene di sesso più esplicitate, a ricordarci che fare l’amore non è mai solo scopare. L’effetto nostalgia fa da ciliegina sulla torta, ma non è mai la torta stessa: dunque possiamo fluttuare senza vergognarci sulle note dei Chumbawamba come su quelle, ripetute all’infinito, di “Via con me”.
Paola Casella per MYMOVIES
Note sulla Colonna Sonora.
Un Amore per me è la storia di un amore impossibile, fatta di
struggimenti e nostalgie per le stagioni degli amori adolescenziali che
incidono su di noi, per sempre debordando nell’età adulta.
Ho voluto evocare questo sentimento scrivendo un motivo che
restituisse l’idea di un tempo perduto, come a raffigurare la memoria
che insegue sé stessa in un moto circolare e perpetuo. Un vagare del
pensiero proprio dell’innamorato che scrive lettere al suo amore
lontano nel tempo e nello spazio. Questo motivo è inseguito da
accordi radi e dal sapore pop, restituendo un senso di sospensione,
calore e nostalgia.
Per quanto riguarda il timbro, la storia si snoda in un periodo che tra
l’estate ‘97 ad oggi, e mi sembrava interessante affiancare ad una
tessitura più contemporanea, un suono che fosse vicino alla musica
leggera di quell’epoca attraverso l’uso di una sezione ritmica
marcatamente pop, dei back chorus e di alcuni “tic” compositivi.
Molte delle musiche che compaiono nella serie sono state realizzate
nella fase di pre produzione, grazie alle suggestioni che mi fornivano
il regista, Francesco Lagi insieme con la produzione, Cattleya. Un
processo che è servito a individuare i temi ricorrenti, idee fisse che
balenano lungo la storia.
È stato molto bello poi tornare a collaborare con Francesco Lagi, una
persona e un regista speciale che ha una particolare abilità nel giocare
con la dimensione del ricordo e della nostalgia per un tempo che forse
c’è stato o forse è solo frutto di una fantasia.